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La rivoluzione di Daniela Roppolo inizia con una preposizione semplice. «Ho voluto creare un brand cosmetico naturale che si differenziasse da ogni altro», racconta. «All’epoca – era il 2013 – si parlava già molto di bellezza green, forse se ne parlava anche troppo. E, a mio avviso, nel modo sbagliato. Non ci si concentrava sugli ingredienti utili, ma sugli eccipienti da evitare. Parabeni, siliconi, conservanti, coloranti, aromi… Era il periodo della cosmetica SENZA. Io ho voluto creare un marchio CON».
Lo ha chiamato Purophi, contrazione di pure organic philosophy.
La domanda sorge spontanea: cosa include Purophi che altri non prevedono? O, per dirla in altri termini, cosa sottintende quel provocatorio CON? «Prima di trasferimenti a Parma e diventare mamma, ho lavorato per molti anni in una multinazionale farmaceutica di Verona», spiega Daniela. «Amo la ricerca scientifica e amo la chimica. Penso che rappresentino il complemento ideale a quel che la natura mette a disposizione, perlomeno in ambito cosmetico». Purophi ne è la dimostrazione: «le referenze in gamma rappresentano la perfetta sintesi tra organico ed inorganico, tecnologia e fisiologia, scienza e natura».
Undici, al momento, le specialità che compongono il segmento skincare. Cui si aggiungono le referenze di make up: «un fondotinta in quattro varianti colore, un primer neutro, un blush in Pink e in Apricot, due aggiustarono. A breve, però, usciremo con altri prodotti, questa volta in polvere».
Un numero limitato di referenze, dunque. «Una scelta tutt’altro che casuale», commenta Roppolo. «Sono convinta che una routine cosmetica appagante possa riassumersi in poche gesti e in una quantità altrettanto esigua di prodotti. Individuare un soin calibrato alle esigenze della pelle, da applicare dopo un’attenta detenzione, è sufficiente a preservare l’equilibrio cutaneo, quindi il suo benessere».
Un punto di vista che, all’inizio, ha penalizzato Daniela: «quando ho cominciato al distribuzione dei prodotti, le referenze erano solo 6. Troppo poche, secondo i miei interlocutori, perché potessero soddisfare le esigenze di tutti i tipi di pelle». La perseveranza di Daniela le ha permesso di spuntarla. E le soddisfazioni non hanno tardato ad arrivare. Quella che ricorda con maggiore piacere? «Quando, nel 2017, la mia Inhibition Mask si è aggiudicata il premio quale prodotto più innovativo del segmento green al Sana di Bologna (la rassegna annuale dedicata al biologico e al naturale, n.d.r.). Condividere il palco con colossi del calibro di L’Erbolario mi ha emozionato al punto che non riuscivo neanche a parlare».
La famiglia è una parte essenziale della vita di Daniela Roppolo, in particolare i figli Chiara e Gabriele. Come è riuscita a combinare la maternità con la nascita di Purophi?
«Penso che le donne abbiano la capacità innata di agire sulla spinta della passione. Se ci innamoriamo di un progetto, non conosciamo ostacoli né stanchezza», risponde. «Un progetto come Purophi richiede un’energia incredibile e a ciclo continuo. Ma posso assicurarvi che me ne restituisce altrettanta».
Altrettanto viscerale è il rapporto di Daniela con il Pianeta: «amo la natura e considero fondamentale impegnarmi a salvaguardia dell’ecosistema. Anche e soprattutto nella messa a punto di formule prive di elementi potenzialmente dannosi».
Le specialità Purophi si avvalgono di una tecnologia unica, messa a punto in seno all’Università di Bologna da un team di studiosi particolarmente giovane. «Prevede l’utilizzo di scarti del settore agroindustriale da cui si ricavano molecole bioattive di incontestabile efficacia», descrive la Roppolo. «Nella maggior parte dei casi di utilizzano bucce: di pomodori, olive, agrumi, tartufi, uva… Attraverso un procedimento 100 per cento italiano, è possibile ricavarne polifenoli, carotenoidi, alfaidrossiacidi e molte altre sostanze utili a livello cosmetico. Non solo: questo tipo di lavorazione consente l’estrazione di bioliquefatti enzimatici, principi attivi innovativi a base acquosa, ricavati senza l’utilizzo di solventI chimici né oli. Rispetto ai più utilizzati estratti vegetali, i bioliquefatti sono principi attivi a basso peso molecolare, maggiormente biodisponibili e rapidamente efficaci».
Gli ingredienti da cui si ottengono i bioliquefatti sono di provenienza italiana, così come italiana è la filiera dei prodotti, «ognuno dei quali può considerarsi vegan-friendly, perché del tutto privo di elementi di derivazione animale». Una scelta inevitabile per Daniela: «esistono eccipienti – è il caso dell’acido ialuronico, del collagene, persino della cera d’api – che possono essere ricreati in laboratorio e rimpiazzati da sostituti vegetali altrettanto efficaci. Ora come ora non sono vegana, ma non escludo di diventarlo, in futuro».
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